Comunicazione

In ricordo di Francesco

Non abitavo ad Anguillara ma ero solito tornarci, un sabato si ed uno no, per far visita ai miei genitori che, all’epoca, possedevano un negozio su Via Anguillarese.

In genere arrivavo verso sera, intorno alle 18.30 e mi fermavo in negozio dove ero sicuro di trovare mia mamma e mio papà. Uno sguardo al parcheggio e riuscivo sempre ad anticipare la presenza di Francesco perché scorgevo la sua macchina, rigorosamente parcheggiata dietro il furgoncino di mio papà.

Sapevo quindi che li avrei trovai li, tutti e due, come spesso accadeva.

Una volta parcheggiata la macchina ed imboccato l’ingresso del negozio, li trovavo effettivamente li, seduti uno dinanzi all’altro, papà dietro al bancone, seduto sul suo sgabello azzurro e Francesco di qua dello stesso, seduto sullo sgabello “bello”, quello di color legno.

Gomiti sul bancone, guardandosi negli occhi, discutevano per ore, in genere di politica, ma anche di calcio. Erano diversi, sia politicamente che calcisticamente ed ogni occasione era buona per intavolare un confronto, una discussione che, quando si faceva accesa, mia madre li cacciava al piano di sotto dove, in una specie di cantina (pure umida), dibattevano animatamente.

Mio papà, dal suo canto, amava spesso recitare la parte del burbero e quando Francesco, persona dotata di acume e tanta classe, lo punzecchiava laddove lui era più sensibile, reagiva simulando di essere cattivo e gli diceva “aho, che devi fare? Hai deciso di farmi arrabbiare? Vedi di andartene via!“. Francesco allora si alzava dallo sgabello e a sua volta simulava di sentirsi offeso e andarsene mettendosi le mani in tasca e pronunciando “e non ti si può dire mai niente che ti arrabbi subito, me ne vado via e ti lascio solo. Antoniè andiamo a prendere il caffè e lascialo solo questo qui, ma come lo sopporti ancora (rivolgendosi a mia mamma, ndr)”. Quindi mio papà rideva sotto i baffi.

Poi mio papà si ammalò, nel gennaio del 2013 e da allora tutto ciò ha assunto il ruolo di ricordo.

Ma io li ricordo così perché erano amici, erano avversari politici, erano avversari sportivi, ma erano due che si volevano bene e che oggi, nel giorno in cui anche Francesco ci ha lasciati, posso confermare che mio papà e Francesco sono stati due uomini politici come non ce ne sono più. Dotati di esperienza umana e politica che gli consentiva di stare pacatamente seduti insieme a discutere, non giungendo spesso alla medesima conclusione, ma senza mai imporre l’uno all’altro il proprio pensiero e rispettando la diversità.

Mi risuonano spesso nella testa le parole che Francesco pronunciò il giorno del funerale di mio papà, mi si avvicinò e invece di dirmi qualcosa di circostanza, mi disse ciò che lui provava: “mi mancherà perché io gli volevo bene“. Sono parole che non ti aspetti da un uomo nei confronti di un altro uomo, quanto meno è raro assistere all’esternazione esplicita di un sentimento. Invece Francesco, fu se stesso, senza timori volle dirmi che la morte di mio papà gli avrebbe causato una ferita interiore, nel sentimento di affetto che si prova anche tra amici.

Sono stati due interpreti di una politica che non esiste più e di cui io sento assai la mancanza, ma sento ancor più la mancanza di quel “quadretto di amicizia” che mi hanno regalato e che ho voluto qui tentare di raccontarvi, perché le persone amate mancano soprattutto per le cose banali, quelle scontate, come la chiacchierata tra amici che si facevano tutti i sabati.

Alla famiglia di Francesco le mie più sentite condoglianze.

A te, caro Francesco, il ringraziamento per il ricordo di una persona pulita che non aveva paura della morte e che, qualche giorno fa, ha avuto la forza di dirmi “io sono sereno perché ho vissuto una bella vita“. Una consapevolezza, la tua, che spero conceda alla tua famiglia e a tutti noi la stessa serenità con la quale hai pronunciato queste parole.

Ciao Francesco!

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